Carpenter – Lost Themes
John Carpenter è stato responsabile per alcune tra le migliori colonne sonore horror e science-fiction della storia contemporanea, associando alla sua imprevedibilità dietro alla macchina da presa una verve compositiva impagabile. Implacabile il suo stile, riconoscibilissimo e capace di insidiare da vicino alcuni protagonisti della scena electro come alcuni artisti post-rock riconvertitisi al verbo della musica cosmica. Le severe immagini delle sue pellicole albergano nelle nostre più recondite memorie, proprio perchè Carpenter aldilà di tutto è stato un fenomeno generazionale. Istintivamente quei fraseggi al piano o al synth rimandano alle scene topiche della sua filmografia: una babysitter minacciata da un killer seriale, un denso muro di nebbia che nasconde un vascello fantasma, lottatori di kung-fu più veloci della luce o specchi che nascondono il passaggio segreto per l’inferno. Tutte le musiche contenute in Lost Themes – in uscita per Sacred Bones – hanno un’unica finalità: spingere i numerosi seguaci di Carpenter a visualizzare i propri incubi personali.
Nelle parole del regista/musicista Lost Themes è inteso come un nobile divertimento, ragionare in prospettiva delle immagini può essere buono o cattivo a seconda dei casi, ma è ciò a cui Carpenter ci aveva abituati. Qui non ci sono state pressioni. Nessun attore che pretendesse di sapere cosa fare. Nessuna attesa dalle maestranze. Nessuna sala di montaggio e soprattutto nessuna scadenza asfissiante. Semplice divertimento. E non avrei potuto richiedere un miglior equipaggiamento casalingo, alle dipendenze di collaboratori come Cody (Carpenter, della band Ludrium) e Daniel (Davies, che ha scritto la canzone per I, Frankenstein) capaci di sollecitare idee nello stesso momento in cui ci mettevamo ad improvvisare. Il piano era quello di rendere la mia musica più completa e ricca, perché avevamo un numero illimitato di tracce. Non mi stavo confrontando solo ed esclusivamente con l’analogico. E’ un nuovo mondo. E non c’era assolutamente nulla nelle nostre teste quando abbiamo iniziato a ragionare su questa produzione.
Come nello stile carpenteriano, la ripetizione è la chiave di volta, una forza tumultuosa che innerva le corde del piano e dell’orango, attraversando tutto il corpo percussivo delle composizioni. I fans del cinema horror ricorderanno così oltre ai classici lavori di Carpenter – Halloween 13 o Assault on Precint 13 ad esempio – anche le trovate di alcuni pionieri come il Mike Oldfield di Tubular Bells od i Goblin di Suspiria.
Sono piccolo tracce da alcuni film immaginari, spero che qualcuno venga ispirato a tal punto dalla musica da poter creare la sua pellicola ex-novo.
http://www.youtube.com/watch?v=tyNuWCjc-bg