Diane Coffee – Everybody’s a Good Dog

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Nel dicembre del 2012,  l’attore della scuderia Disney – nonchè ideatore di didgeridoo artigianali a tempo perso –  Shaun Fleming si trasferisce dalla residenza natale di Agora Hills in California a Manhattan, New York, per occupare una stanza in un piccolo appartamento già abitato da due persone. Il viaggio deve aver fiaccato il giovane Fleming, presto colpito da un virus influenzale. Non avendo molti amici nella Big Apple ed incapace di muoversi autonomamente nelle prime esplorazioni della città nuda, il nostro trascorre in solitaria le prime due settimane nella nuova residenza. Tempo per dar vita a piccoli/grandi esperimenti casalinghi che saranno accreditati all’alter ego femminile Diane Coffee, di cui ‘My Friend Fish’ sarà l’emblematico debutto.

Dopo le avventure in bassa fedeltà di quell’esordio, ma soprattutto dopo il circo multimediale dei Foxygen, gruppo di cui Shaun è batterista ed anima motorica, è tempo di ritornare sul luogo del delitto. Un successore che porta il nome di ‘Everybody’s A Good Dog’, in cui le velleità soliste del primo disco vengono accantonate in favore di una scrittura più oculata. Ci si sposta anche, dagli angusti spazi condominiali ad un vero e proprio studio di registrazione, con il supporto di una band in carne ed ossa che possa ricorrere all’uso di archi e fiati. L’ album si inaugura con la dinamica  ‘Spring Breathes’, che da una breve introduzione a capella si trasforma ben presto in un inferno glamour prog. ‘Mayflower’ con i fiati in stile Motown potrebbe essere la colonna sonora delle più esagitate feste contemporanee mentre ’Too Much SpaceMan’ riporta con decisione alle atmosfere lisergiche del gruppo madre.

Si tratta di un album fatto di ritmi instancabili, che ribadiscono l’imprescindibile desiderio di divertimento del protagonista, che ci tiene a ribadire come lo studio di registrazione sia troppo asettico per i suoi standard. L’idea di performance è al centro dell’estetica di Diane Coffee, che nel nuovo album per Western Vinyl ha translato buona parte delle sue passioni tardo adolescenziali e non. Dai trampoli di Ziggy Stardust agli Stones ‘neri’ di Exile On Main Street, le lunghe ombre della psichedelica di San Francisco ed il power pop, mille e più rivoli di una contaminazione stilistica infinita e destinata ancora una volta a sorprendere.

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